Scusate se per una volta parlo di una persona cara

Scusate se per una volta parlo di una persona cara
Colombo Repetti, al centro, festeggiato dai figli e dall’innumerevoli nipoti.

Chiedo scusa a chi mi segue in questo spazio se, per una volta, sento il bisogno di rendere pubblica un’emozione privata, personale.

 Morire a 91 anni rispetto a tante tragiche interruzioni di esistenze giovani, alla fine diventa un assoluto privilegio.  Specie se nelle ultime ore non c’è grande sofferenza. Pur nella logica della mancanza della persona cara.

Ma ci sono storie, come va quella di mio zio Colombo, scomparso in queste ultime ore, che credo lascino un vuoto non solo nella sfera degli affetti più cari. ma anche nella memoria comune di una generazione che ha contribuito a dare unaforte identità a Livorno e a quella che si ama definire l’anima livornese.

Perchè Colombo Repetti  di quell’anima, a volte burbera, a volte ironica, sempre tenace, era un interprete pieno e autentico. Un esempio, come si ama dire per indicare qualcuno destinato a lasciare una traccia, almeno nel valore del rispetto, oggi in crisi dicittadinanza.

E per questo diventano, o almeno così mi piace pensare, storie pubbliche.

Colombo viveva in Borgo Cappuccini, a 4 piani  con sua figlia Letizia il genero e la nipote,  un palazzo senza ascensore, ha fatto le sue commissioni quotidiane fino a ieri, quando purtroppo in serata  è arrivato il malore fatale.  Viveva con la figlie e per i figli , io credo e lo sento, avvertiva questo impegno come l’onore di una promessa alla sua Lori, l’adorata moglie Loriana che un tumore gli aveva portato via quarant’anni fa, nel 1980. Lasciandogli nel cuore l’amore di una vita e cinque figli: Alberto, Fabrizio, Emanuela, Letizia e Mirko cresciuti da Colombo e con i valori di Colombo. A cui hanno ricambiato l’affetto ricevuto con il dono di tanti nipoti che hanno restituito a quel nonno straordinario tanta di quella felicità perduta con la prematura scomparsa della sua Lori.

Un percorso che partiva da lontano il suo. Quello di una vera e propria stirpe che, con la sua morte, chiude per sempre la storia di due generazioni.

Manlio Repetti e Masina Sacchini, i suoi genitori, si sposarono appena dopo la prima guerra mondiale e andarono ad abitare alla Bastia dove formarono la loro numerosa famiglia. 

Il primogenito, Alberto, nato nel 1919 e scomparso nel 1979, il secondogenito Luciano scomparso nel2001, a seguire Michele che mori’ a 14 anni per un intervento di appendicite nel 1936, poi Colombo del 1929, Carlo, il mio adorato babbo (1931-2019), Piero, che mori’ dopo 14 mesi per una meningite, e il settimo che Manlio e Masina vollero chiamare di nuovo Michele 1938-2015).

Colombo Repetti era un carrozziere, “lattoniere”, uno di quei mestieri che oggi non si vedono piu’. Ha lavorato tutta la vita riparando auto incidentate e riaddirizzate con martellino e ribattino.

Quel lavoro lo amava e quel lavoro gli dava il sostegno indispensabile al frutto dell’amore spezzato da un cancro per la sua Lori, scomparsa nel 1980: i suoi cinque figli, tutti inseriti bene nelle loro professioni. Quando si ritrovò vedovo, il più piccolo aveva appena otto anni. Ha tenuto la sua famiglia unita con l’energia di valori antichi. Quelli quotidianamente celebrati senza la retorica delle parole, ma con la dignità silenziosa di chi ha dato un senso, silenzioso e potente, alla parola Amore.

Ciao zio e grazie di tutto.

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Riccardo Repetti

Nato a Livorno il 4 luglio 1956, compiuti gli studi superiori in specializzazione tecnica, ha coltivato da subito la grande passione per il giornalismo accompagnata dall’amore per la fotografia . Risale al 1986 il primo incarico professionale per la redazione livornese de "La Nazione", che dura fino al 1988, quando a ingaggiarlo è "Il Tirreno", Dal 1992 è iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, elenco pubblicisti. Concluso il rapporto di lavoro con "Il Tirreno”, dopo 31 anni il 31/12/2019 , dal primo gennaio di quest'anno svolge la libera professione. Attualmente dirige il notiziario on line pentanewslivorno

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